San Vincenzo Diacono e Martire in Brusuglio (chiesa manzoniana)

San Vincenzo Diacono e Martire in Brusuglio (chiesa manzoniana)

di Francesco Boso
 

La chiesa fu eretta nel 1564 ed assolse al suo compito per oltre due secoli e mezzo, fino ai primi anni dell’ottocento. Già sul finire del XVIII secolo però, i parroci iniziarono a lamentarsi dello stato sempre più fatiscente e pericolante della struttura, che peraltro cominciava a divenire limitata, in termini di spazio, in rapporto al numero dei cittadini di Brusuglio che era in costante crescita. Le condizioni della chiesetta peggiorarono sempre di più, tanto che era minata la sicurezza degli stessi fedeli e molte funzioni venivano fatte nell’oratorio privato dei Manzoni. Il parroco di quel tempo (Don Agostino) scrisse diverse lettere di suppliche alla curia, affinché fosse realizzata una nuova chiesa, ed evidenziando il bisogno urgente ed autentico dei cittadini di Brusuglio, dato che a causa delle cattive condizioni igieniche alcuni fedeli si erano ammalati di tifo petecchiale, e due di loro non sopravvissero. Nel marzo 1830 scomparve Don Agostino, che tanto si era battuto per la causa dei suoi parrocchiani, e fu nominato parroco Don Dionigi, che seguì le orme del suo predecessore e che con decisione riuscì a portare avanti il suo progetto ed a non demordere nonostante le difficoltà. Il 1843 segna l’inizio dei lavori per la nuova chiesa parrocchiale di San Vincenzo. Lavori approvati dall’illustrissima Donna Giulia Manzoni, madre di Alessandro, e affidati alla bravura dell’architetto Moraglia; e sempre dalla famiglia Manzoni furono sopportate gran parte delle spese necessarie alla sua costruzione. La vecchia chiesa del ‘500 fu abbattuta insieme al caseggiato adiacente. Nonostante qualche battibecco tra Moraglia e il parroco Don Dionigi Rollandi (l’architetto in una lettera scrisse : “ Signor curato guardi che io non faccio miracoli”, e Don Rollandi replicò con un’altra lettera: “ Lo so…Io però non ho la pazienza di Giobbe”).                                                                            

 

Nel 1845 fu disegnato dallo stesso Moraglia il progetto dell’altare maggiore ed i lavori della chiesa furono ultimati nel 1846. Sulla volta della navata dell’altare principale compariva tra le altre opere un bell’affresco che rappresentava nostro Gesù sopra ad un masso dal quale escono sette zampilli d’acqua per lavarsi chiedendo perdono per i sette peccati capitali in cui l’uomo rimane troppo spesso catturato. Questo prima dell’anno 1980, data in cui purtroppo una banda di teppisti diede fuoco all’interno della chiesa incendiando alcuni parametri e legnami, e perfino il pulpito fu attaccato e rovinato dalle fiamme. A constatare l’entità dei danni venne anche l’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini, molto triste e rammaricato per l’accaduto. Tuttavia nel 2002 iniziarono i restauri per riparare i danni di quell’incendio doloso, in cui contribuirono economicamente, e non solo, il comune di Cormano, la fondazione Cariplo tramite delle donazioni e tanti fedeli della chiesa di Brusuglio.                     

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